
Vladimir Majakovskij (1893–1930) è stato uno dei massimi poeti russi del XX secolo, simbolo della rivoluzione, voce roboante del futurismo e dell'avanguardia sovietica. La sua figura, tragica e potente, incarna il conflitto tra idealismo e disincanto in un'epoca di profondi rivolgimenti.
Il poeta della rivoluzione
Nato in Georgia e trasferitosi a Mosca, Majakovskij aderì al movimento futurista russo, rompendo con la poesia tradizionale per abbracciare un linguaggio spezzato, aggressivo, intriso di energia urbana e tensione politica. Con lo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre, divenne il poeta ufficiale del cambiamento, cantore dell’uomo nuovo e della società comunista.
Tra poesia e propaganda
Majakovskij scrisse versi vibranti e appassionati, ma fu anche autore di slogan, manifesti, opere teatrali e sceneggiature, lavorando per l’agenzia ROSTA in una forma ibrida tra arte e pubblicità. La sua produzione fu al servizio dell’utopia socialista, ma sempre segnata da un tono personale, ironico e contraddittorio.
Opere principali
- Una nuvola in calzoni (1915): poema manifesto del futurismo, un inno d’amore e di rivolta.
- Il flauto di vertebre (1916): opera intensa, che mescola dolore personale e tensione politica.
- Il 150.000.000 (1920): epopea visionaria e collettiva della rivoluzione.
- Lenin (1924): poema celebrativo, ma anche riflessione sulla morte e sull’eredità del leader.
- Come fare versi (1926): saggio poetico che espone la sua concezione del fare arte.
L’amore e il disincanto
Sebbene ardente sostenitore del socialismo, Majakovskij visse una crescente frustrazione per la burocratizzazione del regime e per la sua emarginazione culturale. Sul piano personale, visse tormentate storie d’amore, come quella con Lili Brik, musa e compagna instancabile. Il contrasto tra la sua fede rivoluzionaria e la realtà sovietica lo portò a una crisi profonda.
La fine e l’eredità
Nel 1930 si tolse la vita, lasciando un biglietto d’addio: “Non incolpate nessuno.” Dopo la morte, Majakovskij fu riabilitato da Stalin e trasformato in icona ufficiale del regime. Ma la sua poesia, nella sua forza esplosiva, resta viva per il suo grido di libertà, per il suo slancio visionario e per la sua inquieta modernità.
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